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Roma, adeguare le riforme territoriali con la Costituzione invariata è possibile. Agire Subito scrive Uncem

Gli ultimi rilevamenti demografici dell’ISTAT - sostiene il presidente di Uncem Lazio Achille Bellucci- , ci dicono che il calo di popolazione ed il relativo invecchiamento sono in progressivo aumento nel nostro Paese, nonostante i flussi...

Gli ultimi rilevamenti demografici dell’ISTAT - sostiene il presidente di Uncem Lazio Achille Bellucci- , ci dicono che il calo di popolazione ed il relativo invecchiamento sono in progressivo aumento nel nostro Paese, nonostante i flussi immigrativi in atto.

In particolare, mentre le periferie urbane e degradate si espandono, le aree interne e montane si spopolano ed invecchiano con conseguenze disastrose, ancora mancano vere risposte ed assunzioni di responsabilità nazionali e regionali.

In tale contesto va accolto come positivo contributo il documento “Per un adeguamento e completamento delle riforme territoriali a Costituzione invariata” che la Lega delle Autonomie Locali ha presentato in questi giorni a Roma, presente il governo, l’UPI, e vari esponenti della politica e delle istituzioni.- scrive Achille Bellucci.

Il tema della necessità di completare le riforme che riguardano il governo locale e quindi proseguire oltre la decisiva battuta d’arresto dopo il NO referendario, nonché adeguare a Costituzione vigente in modo particolare la legge Del Rio, che presupponeva altri esiti, appare condivisibile.

Non solo, essa e’ opportuna ed urgente in quanto siamo ad uno scorcio di legislatura in cui si rischia un ulteriore slittamento sull’onda di altri temi, che appaiono più mediaticamente e politicamente spendibili.

Il documento raccoglie e sistemizza gran parte delle problematiche oggi sul tappeto riguardo a: Province ed elezioni di secondo grado, revisione degli organi e delle funzioni, rapporto con le Regioni ed il territorio; Città Metropolitane e completamento ed adeguamento del loro ordinamento, stabilizzazione delle risorse su standards condivisi ed oggettivi; cooperazione ed associazionismo e superamento di obblighi e limiti demografici; Unioni di Comuni, Convenzioni e Fusioni, con interessanti proposte; status degli amministratori e dignità istituzionali e responsabilità personali; finanza locale ed adeguamento alle funzioni svolte dagli enti locali.

Insomma un quadro di analisi e di proposta serio e profondo che mancava ed il primo di questo livello dopo il referendum del 4 dicembre scorso.

Ma, c’è un MA grande come una casa, come si suol dire, che riguarda i territori montani, la specificità della montagna e della montanità e le forme di governo sin qui operanti come le Comunità Montane e le Unioni di Comuni Montani.

L’assenza dal dibattito di queste tematiche non solo rende incompleta la pur lodevole analisi effettuata sulle questioni aperte, ma allontana anche le possibili soluzioni cui si potrebbe giungere più facilmente e più organicamente.

Partiamo da fattori ineludibili ed incontestabili come i numeri: i Comuni italiani sono 7998; 5583 sono sino a 5000 abitanti, borghi e paesi definiti impropriamente “piccoli Comuni”, oggetto di obbligo associativo e fusione incentivata; 4195, la cui grandissima parte sino a 5000 abitanti, sono Comuni Montani.

Cioè oltre la metà dei Comuni italiani e la quasi interezza dei cosiddetti Piccoli Comuni sono Comuni che sono già aggregati, associati, istituzionalizzati, uniti e che attendono una definizione che la stessa Costituzione all’art 44 richiede, per la loro tutela, ma anche per poter svolgere quel ruolo in positivo che persegue le stesse finalità che anni ed anni di riformismo hanno indicato.

Chiediamo quindi che si rifletta sulla realtà oggettiva del governo del territorio, sugli interventi per le aree interne, sull’associazionismo in atto, sull’esperienza maturata in migliaia di enti montani, prima di dar luogo a nuove ed inedite prospettive istituzionali o peggio ad alchimie slegate dal contesto territoriale.

E’ un appello - conclude Bellucci - che rivolgiamo innanzitutto alle Associazioni degli Enti Locali ed alle istituzioni più sensibili e vicine come le Province e la Regione, per colmare un vuoto ed una assenza che può veramente consentire un completamento ed un adeguamento delle riforme in atto, come tutti auspichiamo".

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